Disturbi dell’umore: quando l’affettività diventa patologica.

da antonioradicchio
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In seguito a eventi significativi che comportano una perdita o una rinuncia — come un lutto, una separazione, un fallimento — è del tutto naturale sperimentare stati di tristezza, malinconia o scoraggiamento. Allo stesso modo, situazioni positive come il superamento di un esame importante o il raggiungimento di un obiettivo personale generano piacere, soddisfazione e, talvolta, una temporanea espansione dell’emotività. Queste risposte rappresentano il normale fluire dell’esperienza affettiva umana, modulata dagli stimoli e dagli accadimenti della vita quotidiana. Tuttavia, vi sono condizioni in cui gli stati d’animo assumono un’intensità, una durata e una rigidità tali da risultare estranei alla consueta esperienza soggettiva ed emotiva. In questi casi si parla di patologia affettiva: una condizione in cui il tono dell’umore non solo si discosta dalla norma, ma si cristallizza in modalità disfunzionali e pervasive, dando luogo a vissuti qualitativamente nuovi e spesso incomprensibili per chi non li ha sperimentati. Nei quadri più marcati è relativamente facile riconoscere la natura patologica di tali alterazioni: la malattia maniaco-depressiva, oggi denominata disturbo bipolare, è tra i disturbi psichiatrici più chiaramente identificabili nella pratica clinica. Si tratta di una patologia antica, descritta già nella Bibbia e riconosciuta sin dalle origini della medicina come entità autonoma. Nelle sue forme più gravi si caratterizza per una brusca rottura con le caratteristiche abituali della persona e per la presenza di sintomi invalidanti che interessano vari aspetti della vita psichica e somatica: dal funzionamento cognitivo a quello psicomotorio, fino ai ritmi biologici e vegetativi. È frequente, inoltre, una tendenza alla ricorrenza degli episodi e una familiarità positiva, cioè la presenza di casi simili tra i parenti di primo grado.

Caratteristiche distintive dei disturbi dell’affettività

I disturbi dell’umore si distinguono dalle normali fluttuazioni affettive per alcune caratteristiche fondamentali:

  1. Intensità e sproporzione emotiva
    Gli stati affettivi patologici si presentano con una forza e una qualità totalmente sproporzionate rispetto agli eventi che li precedono o li accompagnano. Possono manifestarsi anche in assenza di cause ambientali evidenti, o apparire eccessivi rispetto a eventi che normalmente susciterebbero reazioni moderate.

  2. Indipendenza dal contesto
    Mentre nelle oscillazioni affettive normali l’ambiente conserva un’influenza sullo stato d’animo dell’individuo — ovvero una buona notizia può migliorare l’umore e un evento negativo può peggiorarlo — nei disturbi affettivi il tono dell’umore si mantiene stabile e impermeabile ai cambiamenti esterni.
    Ad esempio, una persona depressa può restare profondamente afflitta anche di fronte alle più incoraggianti circostanze, mentre un individuo in fase maniacale interpreta tutto, anche ciò che è oggettivamente spiacevole, come positivo o irrilevante, mantenendo un senso di euforia e onnipotenza.

  3. Fissità del tono dell’umore
    Un segno clinico essenziale è la persistenza dell’alterazione affettiva, che si prolunga ben oltre le normali tempistiche di risposta emotiva. Stati depressivi o maniacali possono durare mesi, senza mostrare significative fluttuazioni o possibilità di modulazione.

  4. Qualità del vissuto soggettivo
    La depressione viene spesso descritta dai pazienti come una condizione di vuoto emotivo, blocco ideativo e immobilità psichica, una sorta di paralisi interiore. La mania, al contrario, è contrassegnata da un sovraffollamento di pensieri e emozioni, che si accavallano senza controllo, generando una percezione angosciosa di caos e instabilità, nonostante l’apparente benessere iniziale.

  5. Compromissione somatica e cognitiva
    I disturbi dell’umore non riguardano soltanto la sfera emotiva. Sono frequentemente accompagnati da alterazioni fisiologiche e cognitive: difficoltà di concentrazione e memoria, insonnia o ipersonnia, alterazioni dell’appetito, affaticamento estremo, perdita o aumento di peso. Nei casi più gravi, l’ideazione può assumere forme così distorte da sconfinare nel delirio (es. deliri di rovina nella depressione grave o di grandiosità nella mania).

La differenza tra normali variazioni dell’umore e disturbi affettivi risiede quindi non tanto nel tipo di emozione provata, quanto nella sua intensità, nella sua rigidità, e nella disconnessione dalla realtà. Nei disturbi dell’umore, l’individuo perde la capacità di adattare il proprio sentire alle circostanze, rimanendo prigioniero di un tono affettivo che domina la sua esperienza del mondo, del sé e degli altri. Riconoscere questi segnali è fondamentale, non solo per una corretta diagnosi, ma anche per intraprendere percorsi terapeutici adeguati, capaci di restituire alla persona la possibilità di vivere le proprie emozioni in modo pieno, flessibile e autentico.

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